CONTE JUVENTUS – Dopo la vittoria del suo secondo scudetto consecutivo alla guida della Juventus, il tecnico Antonio Conte ha concesso un’intervista alla Gazzetta dello Sport per parlare di vari argomenti. Eccone alcuni spunti:
Sul suo arrivo alla Juve: ”Come convinsi Agnelli a portarmi alla Juve? Le parole arrivarono da dentro. Ero un tifoso della Juve e la vedevo impaurita, una nobile decaduta che scendeva in campo attendendo le mosse dell’avversario. Mentalità da provinciale. Il rischio, dopo i fatti di Calciopoli e due settimi posti, era proprio quello. Cosa proposi? La mia idea di calcio dove il talento è al servizio dell’organizzazione di squadra. Se ero stato contattato anche l’anno prima? Sì, avevo incontrato il d.s. Secco cercando di spiegare come intendevo rilanciare la Juve. Puntando sul gioco offensivo, ma con un possesso palla a partire dalla linea difensiva. E poi avendo due esterni d’attacco per sorprendere gli avversari. Avevo anche indicato dei giocatori come modello: Robben, Lennon e Walcott… Loro mi proposero Diego e mi chiesero un parere: dissi con franchezza: “E’ un buon giocatore, ma abbiamo in rosa Trezeguet, Del Piero, Amauri e Iaquinta. Io spenderei i 25 milioni in altro modo”. Sapete tutti come è finita…”.
Sulla possibilità di essere un tecnico-manager alla Ferguson: ”Se hai un allenatore che ha una precisa organizzazione di gioco, non si può escluderlo dalle scelte tecniche”.
Sugli scudetti vinti: ”Entrambi bellissimi e complicati. Il primo era inaspettato, non eravamo favoriti e forse neppure considerati. Superare una corazzata come il Milan e restare imbattuti per un campionato è stato un capolavoro. Confermarsi non è mai semplice: gli altri ci aspettavamo, in più dovevamo gestire l’impegno in Champions. E poi c’è stata la zavorra del calcioscommesse… Durante il ritiro negli Stati Uniti del primo anno. Avevo parlato alla squadra, fatto leva sulla voglia di riscossa di campioni come Buffon, Del Piero e Pirlo. E chiesto sacrifici a tutti. Senza sconti a partire dagli allenamenti. Un giorno li vedo sudare come pazzi, ma nessuno che si lamenta. Erano un po’ fiacchi, mi spiegano “Mister, fa troppo caldo”. Non ci credo del tutto e allora faccio una corsetta per saggiare le condizioni. Beh, dopo 10′ a basso ritmo stavo svenendo. Sono tornato negli spogliatoi e ho fatto i complimenti a tutti per l’impegno nonostante il clima infuocato”.
Sul futuro: ”Ai miei giocatori sarò grato a vita. Di certe cose, poi, è giusto parlarne con la società. Quando sento certi commenti mi viene da ridere. Tipo: “Alla Juve bastano due acquisti per vincere anche la Champions”. Sarebbe un discorso superficiale e presuntuoso. Ma di cosa stiamo parlando? La realtà è diversa: negli ultimo anni la vetta si è allontanata. Il ranking Uefa lo dimostra. Se ci vorrà del tempo per vincere in Europa? Spero di no, ma il rischio c’è se non si lavora in un certo modo. Non è solo una questione economica. Certo, i soldi aiutano a vincere, ma non bastano. Il modello da seguire è il Bayern: un progetto serio iniziato anni fa con Van Gaal, passato anche da sconfitte brucianti che hanno alimentato la ferocia dei calciatori. Alla base di ogni successo c’è: una organizzazione di gioco, una società disposta a seguire una strada precisa con investimenti mirati e una gestione oculata del vivaio. Solo così si può invertire la rotta. Il problema è che viviamo di ricordi… Devono migliorare tutte le componenti del nostro calcio. Scendiamo sul pratico: ho sentito Robben l’altro giorno dire: “La nostra è stata una vittoria di squadra”. Ha capito, Robben è un talento puro. Come Ribery. Eppure si sono messi al servizio della squadra. E’ l’organizzazione di gioco che esalta il talento, purtroppo da noi questo è un pensiero di minoranza. Si dice: “l’attaccante non deve stancarsi con il pressing altrimenti non è lucido in area, il 10 deve essere libero da ogni marcatura e tutto ruota intorno a lui”. Non è così, almeno per me. E mi pare che questo possa essere un modello vincente”.
Sulla sconfitta col Bayern: ”Mi hanno accusato, dopo il 2-0 di Monaco, di rassegnazione. No, ero solo sereno. Avevamo incontrato una squadra più forte. Ai miei giocatori non potevo chiedere di più. La distanza è ancora ampia, si può recuperare a patto che si facciano i giusti passi. E noi abbiamo bruciato i tempi. Questo è un rischio: non dobbiamo illuderci dopo i due scudetti e i quarti in Champions. La strada è lunga”.
Sulla squalifica per il calcioscommesse: ”E’ una cicatrice profonda. Quello che mi ha fatto più male è stato leggere articoli che davano per finita la mia carriera, avallando accuse prive di senso. Chi mi conosce sa che non accetterò mai compromessi. Alla fine ho subito una ingiustizia, senza prove. “Non potevo non sapere”. Faccio felice Crozza: la parola “agghiacciante” ha fotografato bene il mio stato d’animo”.
Sui nomi dei top player per la Juve: ”Chi prendo fra Ibra, Suarez e Higuain? A loro non si può dire di no. Prenderei tutti e tre. E per vincere la Champions non bastano mica…”.
Marco Orrù