ABETE FIGIC ITALIA JUVENTUS SCUDETTI – Giancarlo Abete, Presidente della Figc, ha vissuto giorni particolari, ospite della Juventus per il match con la Nazionale. In passato non sono mancate le diatribe col club bianconero, per i numeri degli scudetti, 31 per la Juve, 29 per la Lega. Abete, che non scorda il passato da tifoso juventino, parla da Presidente e fa una distinzione: ”Ogni ruolo comporta possibilità e vincoli: io non posso criticare la giustizia sportiva e quindi mi rimetto alle sue decisioni – riporta Tuttosport -. Poi come ha detto il presidente Agnelli esistono una contabilità del cuore e una contabilità ufficiale. Io necessariamente devo rappresentare quella ufficiale, poi ognuno può avere le sue opinioni: è la forza del mondo del calcio. Se il tifoso della Juventus vuole contare 31 scudetti è libero di farlo, così come quello del Torino può contarne 8 (considerando anche quello revocato e non assegnato del 1927, ndr). Se mancassero la passione e la faziosità, verrebbe meno un elemento fondamentale del mondo del calcio. Bisogna che la faziosità trovi un punto di equilibrio con la razionalità. Io non ho revocato lo scudetto assegnato nel 2006 all’Inter perché la Figc come organo politico non aveva e non ha la titolarità per farlo. La revoca di un titolo deve essere operata in sede di giustizia sportiva e la giustizia sportiva non può più intervenire perché in quel caso è sopraggiunta la prescrizione. Quanto all’assegnazione, quella non fu opera mia, c’era il professor Rossi … Si possono fare tutte le considerazioni sull’opportunità di quella decisione, anche all’epoca ce ne furono anche di illustri, ricordo quella dell’ex presidente Carraro che disse: “Io non avrei proceduto con la riassegnazione”. Però, partiamo da presupposto che io sono entrato a cose fatte e, a quel punto, il mio ruolo non mi consente di esprimere opinioni su quell’assegnazione. Quando mi è stato posto il problema della revoca, io non potevo intervenire con un atto politico… Poi l’Italia è la patria del Diritto e delle emozioni, quindi tutto è ancora possibile. Il tifo juventino, tuttavia, non è un mistero. Quando mi intervistarono all’inaugurazione dello Stadium, dissi: con il club possono esserci su certi argomenti posizioni diverse, ma è certo che io ho visto, da tifoso, più finali di Champions della maggior parte dei presenti. Ne ho persa solo una: nel 1985 ero all’Heysel, due anni prima ero ad Atene. E all’epoca non avevo nessun ruolo federale, ero semplice tifoso: sono entrato in Federazione nel 1988. Forse posso essere tacciato di un ruolo interpretato male, ma non di mancanza di passione nei confronti dei colori bianconeri”.
Marco Orrù