Che il destino possa divertirsi ad intrecciare le carte, non ditelo a Matteo Paro. Lui di destino ne capisce. Nel suo ci sono pochi colori, ma intensi: il bianconero della Juventus che l’ha fatto crescere, il rossoblu di Genoa e Crotone a farlo migliorare. Nato nel 1982, tutti ricordano di lui una gara, quella contro il Rimini in Serie B: la prima rete della Juventus in Serie B nella stagione 2006/07 è infatti la sua. “Si, mi ricordano per quel gol, ma tutta la stagione fu importante. Ci tiene a ribadirlo, Matteo, uno che aveva esordito in bianconero ad appena 20 anni per mano di Lippi, che qualche anno più tardi porterà diversi suoi compagni sul tetto del mondo a Berlino.
“Quella stagione fu strana, c’erano campioni del mondo a giocare in Serie B. Fu una promozione annunciata, diversa da quella conquistata a Crotone”.
Proprio con i rossoblu calabresi, Paro ha chiuso in pratica la sua carriera da calciatore: dopo la mancata conferma in bianconero, infatti, il nativo di Asti ha cominciato a girare l’Italia. Passa al Genoa, che diventerà casa sua, ma il destino gli si ritorce contro: dopo una buona stagione un crociato rotto. Da lì si rialzerà diverse volte, ma mai definitivamente.
Bari, Piacenza, Vicenza, Spal. Lascia il segno ovunque, ma non si ferma mai troppo.
Sulla sua strada ha incrociato due uomini capaci di cambiargli la vita (sportiva): Giampiero Gasperini e Ivan Juric. Il primo l’ha iniziato al calcio dei professionisti, il secondo gli ha dato due chance in una volta.
Quando il Crotone aveva bisogno di una mano, infatti, in cadetteria, Juric (che l’aveva già avuto a Mantova) non ha avuto dubbi: avevano giocato insieme al Grifone, oggi Ivan è invece un tecnico che deve guadagnarsi stima e una promozione in Serie A. Un sogno.
Chi chiamare, dunque, se non Paro? “È l’uomo della promozione”, confesserà a fine anno il tecnico, che poi lascerà il rossoblu calabrese per riabbracciare quello ligure tra le mani di Enrico Preziosi. Paro non c’è in campo, ma lui sa bene che potrebbe fargli ancora comodo, così gli propone di entrare nel suo staff.
Ennesima sliding door di un destino beffardo. Dalla Nazionale sfiorata quando vestiva bianconero fino alla Serie D. Negli occhi di Matteo la voglia di non arrendersi mai, anche senza le copertine o i riflettori puntati su di lui.
Della sua esperienza calcistica rimarrà la stima di ogni collega e l’affetto di ogni tifoso: tutti, juventini, genoani o crotonesi, vedono in Matteo il centrocampista ideale, il capitano ideale, il ragazzo ideal. Capace di non alzare la voce e non arrendersi nemmeno ad una carriera in caduta troppo in fretta.
Oggi, con le scarpette attaccate al chiodo, non ha intenzione di lasciare un mondo che gli ha dato tutto per poi riprenderselo. “Ricordo tutto con grande piacere, soprattutto di non essermi mai arreso a troppa sfortuna”.
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