Intervistato ai microfoni di Tuttosport, il direttore generale e amministratore delegato della Juventus Beppe Marotta ha parlato a 360° dei bianconeri e non solo. A partire dalla finale di Cardiff, queste le parole del dirigente nell’esclusiva del quotidiano sportivo torinese: “La finale di Cardiff è la realizzazione di un progetto. Berlino fu un insieme di fattori non tutti calcolati, questa finale è nata in estate con un mercato pensato con quell’obiettivo. Avevamo deciso di alzare l’asticella. La ricetta giusta per l’Europa? Ci mancavano mentalità ed esperienza” – mentalità ed esperienza che la squadra mette invece in pratica da almeno 6 anni in territorio nazionale, una vera e propria supremazia – “Dicono che in Italia vinciamo perché non abbiamo avversari? Non sono d’accordo, Roma e Napoli hanno sempre inanellato risultati positivi. Non è facile vincere in Italia, anche se la Juve a volte può farlo sembrare. Se noi, in questi sei anni, abbiamo fatto quasi cento punti in più di Napoli e Roma e non so quanti in più delle milanesi, non si può discutere la supremazia chiara e netta“.
Marotta conferma la bontà di quanto fatto in questi ultimi anni dalla Juventus elogiando soprattutto il modello vincente che c’è dietro la rosa, a partire dalla società: “Vedo società che trascurano l’aspetto societario e l’organizzazione, ma nel calcio moderno senza un manager che sia un solido punto di riferimento all’interno della società e una precisa divisione dei compiti non si va da nessuna parte. Ci sono club in Italia dove non si capisce chi sia al comando e ciò genera confusione che si ripercuote nei risultati dei quali nessuno sembra avere responsabilità” – e allontanando tutte le critiche – “Io sono stato per qualche decennio dirigente di squadre meno importanti della Juventus e l’ho sempre vista come una squadra forte e vincente. E così subentra la cultura dell’invidia e la vittoria viene denigrata e svilita. Quando uno vince è perché è più forte in tutte le componenti. Nel nostro calcio, purtroppo, c’è molta cultura dell’invidia e poco cultura della sconfitta, che è quella che ti permette di imparare da essa. Spesso, in Italia, i nostri avversari hanno dato la colpa all’arbitro o a qualcos’altro; questa è la cultura degli alibi, un concetto sbagliato e da sradicare perché toglie responsabilità ai giocatori“.
Il dirigente bianconero ha poi parlato del futuro di Paulo Dybala e Massimiliano Allegri: “Dybala alla Del Piero? Nel nuovo contratto abbiamo tenuto conto della valorizzazione del calciatore, che va di pari passo con quella del marchio aziendale. C’è l’intenzione di fare un lungo percorso insieme. Quanto vale? Non ha un valore. La clausola è una follia, non la metterò mai su alcun calciatore. Ti mette nelle condizioni di debolezza. De Laurentiis non ci avrebbe ceduto Higuain senza clausola? Non lo so, novanta milioni sono novanta milioni.
Se il 3 giugno Allegri ci dicesse ‘Vado via’? Noi speriamo non accada perché ci piacerebbe andare avanti con lui che ora è uno dei migliori al mondo. Oggi non è un tema prioritario. Dopo Cardiff ci sederemo al tavolo e ascolteremo tutti. L’ideale sarebbe tenere Allegri e non ci pensiamo neanche a cambiare. Non lo consideriamo”.
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