“Un sasso nell’acqua fa lo stesso effetto, si crea il vuoto al centro e si alzano onde che si allargano in fretta e vanno lontano. Faccia a terra sul pavimento, sangue ovunque, urla di dolore, pensavo davvero fosse finita lì”. Con queste parole, Aldo, 27 anni, tifoso bianconero ha raccontato alla nostra redazione di JuveLive il dramma vissuto in prima persona Sabato 3 Giugno, in Piazza San Carlo a Torino, mentre a Cardiff si svolgeva la finale di Champions League tra la sua Juventus e il Real Madrid. Aldo era partito alle prime luci dell’alba da Napoli. Un viaggio improvvisato, aveva deciso all’ultimo momento di unirsi agli altri tifosi nella piazza principale di Torino per guardare la partita fra la sua gente, sui maxischermi allestiti per l’occasione.
Juventus, il racconto drammatico degli incidenti in Piazza San Carlo di un tifoso ferito
Sul treno per Torino c’è già una folta folla di tifosi bianconeri. Aldo capisce che quella sera in Piazza San Carlo saranno in tanti. Sono le 17 quando lui e i suoi amici raggiungono la piazza-salotto torinese, delimitata tutto intorno dai porticati e dai famosi caffè. “Ci siamo trovati di fronte una piazza transennata, nonostante la struttura del luogo la facesse già sembrare chiusa. C’era già un mare di gente, nonostante fosse presto e c’erano troppi pochi controlli. Erano le cinque del pomeriggio e si beveva già da un po’. C’erano venditori abusivi di bibite che passavano fra la gente con carrelli pieni di birre e a terra c’erano già numerose bottiglie. Qualcuno era salito sul monumento ad Emanuele Filiberto a cavallo al centro della piazza, incurante del pericolo e sul tetto del chiosco di un edicolante. Nessuno se ne era preoccupato, si era sentito solo un flebile invito “gentile” a scendere dal cavallo, che ovviamente era rimasto inascoltato. Ho pensato che tutta quella gente in quella piazza chiusa fosse una situazione potenzialmente pericolosa, ma non potevo neanche lontanamente immaginare quanto. In quel momento ero concentrato sulla partita”. La finale di Champions League, la sfida tra Juventus e Real Madrid, il momento tanto atteso arriva ed è un alternarsi di gioia e sofferenza, fino al 3 a 1, quando la maggior parte dei tifosi bianconeri perde le speranze. Aldo si sposta in una zona della piazza meno affollata per cercare di vedere meglio il maxischermo. Accanto a lui bambini, ragazzi non accompagnati dai genitori, anziani e intere famiglie. Ed è in quel momento che inizia quello che ancora non trova spiegazione, e che le news Juventus di quei giorni hanno documentato ampiamente. “Non ho capito niente. Ho avuto mezzo secondo per sentire il mio amico che mi diceva di scappare. E ho sentito un rumore mai sentito prima, un potentissimo rumore di ferraglia, come un treno che passa velocissimo in stazione senza fermarsi. Nel fuggire sono caduto a terra, nel vetro rotto delle bottiglie, e sono stato letteralmente sommerso dalle persone che hanno cominciato a calpestarmi correndo. Non sapevo cosa fosse successo, ma ho immediatamente associato quel rumore a quello che è successo nel mondo negli ultimi tempi. Come a Nizza, ero convinto che un camion o qualcosa di simile stesse per travolgerci e ucciderci tutti. Sono rimasto lì per un tempo che mi è parso interminabile e ho pensato di morire lì, a Torino, in quella sera di Giugno tanto attesa”. Quando riesce a rialzarsi Aldo è ferito, per fortuna indossa un pantalone lungo e le escoriazioni risultano superficiali. Intorno a lui, però, la realtà è tragica. In Piazza San Carlo ci sono scene da film horror sotto ai suoi occhi: ferite aperte e sanguinanti, gambe fratturate e arti penzolanti, persone che continuavano a scivolare a terra a causa del pavimento reso scivoloso dai liquidi, piedi sui loro volti, panico totale. “Non so come ho fatto ad arrivare sotto ai porticati, credo di essere stato trascinato dal mare di gente in movimento. L’unica strada di fuga da quella gabbia era via Santa Teresa, la gente provava a riversarsi nei caffè ma non ci facevano entrare. Non sentivo quello che si diceva, correvo e basta. Arrivato a via San Tommaso mi sono buttato nell’androne di un palazzo, insieme ad altre persone. Il signor Leo e gli altri condomini ci hanno soccorso, ma non era ancora finita. Proprio in quel momento è arrivato un secondo allarme e siamo scappati tutti su per le scale. In quel momento pensavo di cedere, ma sono riuscito sempre a mantenere il controllo e a restare cosciente e questo mi ha salvato. Quando siamo stati sicuri dello scampato pericolo siamo andati in ospedale a Rivoli”.
La partita della Juventus e il caos a Piazza San Carlo. La testimonianza di Aldo: “Ho ancora i postumi di quell’incubo”
Solo dopo un’ora e mezza Aldo riesce a mettersi in contatto con qualcuno e a far sapere come sta. La radiografia smentisce una possibile emorragia interna, gli vengono curati i tagli superficiali e gli viene diagnosticato uno schiacciamento toracico con costole incrinate. “Ancora non so cosa sia successo. Ricordo solo che alla sinistra dello schermo si è creata una bolla di gente in movimento che si è allargata fino a coinvolgere tutta la piazza. Il panico è diventato un’onda incontenibile. Si è trattato di paura che genera paura. Forse è stata una bravata, forse qualcosa di più serio. In ogni caso le responsabilità di ciò che è stato ricadono anche su chi non ha saputo prevedere le possibili conseguenze di un evento del genere e di saper prendere adeguate misure di sicurezza. Chi controllava che cosa ha controllato? Che si vendesse ininterrottamente alcool dal primo pomeriggio? Che le vie di fuga dalla piazza fossero bloccate? Che il numero delle forze dell’ordine fosse davvero esiguo rispetto alla folla presente? Io sono stato fortunato, ho sentito sempre accanto a me l’anima dei miei nonni a proteggermi e ho avuto vicino i miei amici. Voglio ringraziare loro e tutte le persone che mi hanno aiutato in quel tragico momento”. Aldo deve ancora rimettersi, ha difficoltà a compiere dei movimenti quotidiani normalissimi e le costole incrinate ci metteranno un po’ per tornare a posto. Lui e le altre persone presenti quella sera a Torino si stanno organizzando per sporgere denuncia. Il trauma psicologico è maggiore di quello fisico. Aldo non dimenticherà mai quello che ha visto e provato. E se c’è un risvolto positivo in questa drammatica vicenda è la vita, a cui il pericolo ci rende più attaccati che mai. “La mia finale di Champions l’ho vinta, sono ritornato a casa con le mie gambe, ed è stata la vittoria più bella della stagione”.
a cura di Alessandra Curcio