La cena in cui Sarri ha visto Agnelli e Paratici, è stata preceduta da un faccia a faccia tra il capo dell’area tecnica e il duo Buffon-Chiellini.
La panchina di Maurizio Sarri è realmente a rischio. Forse non per il campionato attuale, ma a giugno le parti si separeranno. Consensualmente se non arriverà un trofeo importante. Agnelli aveva esonerato Allegri al patto di vedere la Juve giocare meglio, divertire e vincere. Nessuna delle tre cose oggi si è verificata o appare scontata. A differenza di Lazio e Inter che viaggiano sulle ali dell’entusiasmo, a Vinovo si vivono giorni agitati: lo scudetto dipende da lei.
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Sarri e quelle parole post-Verona
La sconfitta con il Verona, infatti, ha fatto scattare l’allarme. «Speriamo che qualcuno mi aiuti», frase post-partita di Sarri, è stata seguita da un passo avanti di Chiellini e Buffon, di Bonucci e a suo modo di Ronaldo. I leader. Hanno parlato tra loro e con la società, spiega la Gazzetta dello Sport. Ma anche con il presidente Andrea Agnelli, il vice presidente Pavel Nedved e il direttore dell’area sportiva Fabio Paratici ovviamente al centro di tutto. «La ripartenza è più che possibile – scrive la rosea -. Anche se ad alcuni giocatori chiave non piacciono gli spigoli del carattere di Sarri. Insieme lavoreranno per tornare a dominare: un paio di cene testimoniano la nascita di una unità di crisi».
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Le cene sono state due
La cena svelata dal quotidiano “La Stampa” tra Agnelli e Sarri di lunedì è stata preceduta da un altro incontro. Domenica sera Paratici ha visto Giorgio Chiellini e Gigi Buffon per parlare della difficoltà del momento ed ha incassato il loro sostegno. «Più che una questione tattica è un problema di comportamenti e approccio – si legge sul giornale -. Alla Juve i giocatori non sono abituati ai modi spicci e al linguaggio colorito del nuovo tecnico e non tutti li gradiscono. A Verona negli spogliatoi il clima non poteva essere sereno e pare che Sarri abbia rimproverato in maniera veemente alcuni dei suoi, creando qualche tensione. Anche l’umore di Ronaldo era tendente al nero, arrabbiato per la sconfitta e per non essere stato supportato dai compagni».