Coronavirus e Serie A: porte chiuse o rinviare le gare?

Il coronavirus fa sempre più paura e nel frattempo ha fermato anche il campionato di serie A. Domenica 23 febbraio sono state quattro le partite rinviate.

Astori
Malagò

Una decisione saggia, perché in questo momento la priorità è quella che l’epidemia resti circoscritta il più possibile. Ad ogni modo è anche il momento di pensare a quel che potrebbe accadere in futuro. Perché il mondo del calcio non si è fermato solo nella massima serie, ma anche nelle altre categorie.

Rimanendo comunque alla serie A, non si conosce ovviamente ancora la data del recupero delle partite giocate. E la situazione potrebbe diventare sempre più complicata se ci saranno altri rinvii nelle prossime settimane (tra l’altro nella prossima giornata c’è Juventus-Inter). Si potrebbe dunque prendere in seria considerazione l’ipotesi di giocare a porte chiuse. Almeno per un paio di turni, sperando che la situazione migliori. Una sconfitta per il calcio, per i tifosi, ma al momento forse l’unica via percorribile.

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Le parole di Malagò

Porte chiuse o rinviare tutto? Difficile dirlo ora, forse impossibile. «Ci sono degli interessi primari, che sono anzitutto quelli della salute. – ha detto il presidente del Coni Malagò – Si naviga a vista, day by day, e non sono io che posso darvi risposte. L’obiettivo, ovviamente, è di ripartire al più presto. Ci sono diverse problematiche, come quella dei calendari, ma oggi sono in secondo piano. I calendari non sono regolati dal sottoscritto, ma devono tener conto di tutte le altre competizioni, come quelle internazionali».

Già, perché ci sono squadre che non hanno nemmeno un “buco” disponibile nel loro calendario. «L’Inter, ad esempio, ora ha l’Europa League, poi avrà la Coppa Italia col Napoli. Ne ho parlato con Marotta, con cui l’ultima telefonata è stata alle due e mezza di notte. Si naviga a vista. L’Inter non avrebbe più un mercoledì o giovedì libero fino all’eventuale finale di Coppa Italia, che è stata anticipata per Euro 2020. Dobbiamo riaggiornarci» ha detto ancora Malagò.

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