La trasformazione di Bernardeschi è partita all’Europeo ed è continuata nel girone di andata. Gli applausi dello Stadium chiudono il suo 2021.
«Sono contento, mi sono goduto tutto, quel momento me lo sono goduto, sono felice, sono felice per la squadra. Era importante vincere, era importante dare una dimostrazione. E’ bello chiudere anche l’anno così». A sorpresa, chi si aspettava Paulo Dybala trascinatore ha incontrato nel freddo mese di dicembre Federico Bernardeschi. E’ rinato e quell’applauso dell’Alianz Stadium al momento della sua uscita certifica anche il ritrovato feeling con i fan della Vecchia. Signora. Dopo la vittoria con il Cagliari ha parlato a Dazn ed ha addirittura provato a vestire i panni del leader spirituale del gruppo.
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Non segnava da più di 500 giorni. Ieri ha ritrovato la via della rete sfruttando una assist di Kulusevski. «La scorsa stagione ho passato momenti difficili -ha detto – ma ne sono grato perché si matura sempre nei momenti difficili. Si fanno dei ragionamenti, si acquisisce consapevolezza. Sono andato all’Europeo, ho fatto un grande Europeo e non era facile. Sono venuto qui con la voglia di rimettermi in gioco al 100% e ci sto riuscendo. Ora ci sono ancora sei mesi, speriamo di continuare così». Bernardeschi poi analizza il particolare momento della Juventus. «Piano piano siamo riusciti poi a creare il gruppo. C’è stato anche qualche sgambetto che ci siamo creati da soli e quindi anche lì le certezze vengono meno. Però credo che nelle ultime partite, nell’ultimo mese e mezzo si sia ritrovata quella voglia di sacrificarsi, quella voglia di fare una corsa in più, quella voglia di guardare il compagno negli occhi e gioire insieme a lui. Questo credo sia importante soprattutto in una grande squadra così. E tutti noi dobbimao mettere quel qualcosa in più, perchè la Juventus insegna, la storia della Juve insegna che gli obiettivi, i traguardi, li abbiamo raggiunti sempre con il sacrificio, l’umiltà e la voglia di lavorare. Non siamo il Real Madrid, non siamo una squadra che può permettersi di andare in campo un po’ con la puzza sotto il naso»
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