Benfica-Juventus, pagelle inutili: rompiamo la solita scaletta perché il rispetto non ha e non può mai avere un voto
Non ce la sentiamo di dare a tutti tre. Forse qualche quattro. Magari un cinque a Szczesny o la sufficienza al portiere polacco che suo malgrado si è dovuto inchinare più del dovuto per raccogliere diversi pallone alle sue spalle. Non ce la sentiamo perché le pagelle di stasera avrebbero l’utilità di un accendino se hai bisogno di riscaldarti in mezzo al ghiaccio. Nullo, o quasi. Il rispetto non ha un voto. Il rispetto per quei colori non possono avere un voto. Una Juventus che rischia seriamente di uscire anche dall’Europa League in un girone dove c’è il Maccabi Haifa. Basterebbe questo per rendere l’idea. Basta questo per renderla. E non stiamo qui a dire che sia colpa di Allegri: non è solo colpa del tecnico se Cuadrado ha la testa da un’altra parte, se Bonucci sbaglia i passaggi più elementari, se Gatti non è quello che tutti ci aspettavamo e se Alex Sandro entrando in campo negli ultimi minuti riesce a fare quasi peggio di chi c’era prima. No, non è solo colpa di Allegri.
Il rispetto, dicevamo: questa parola che sembra sconosciuta ad una squadra che di juventinità non ha nulla. Se non lo stemma che portano sul petto. Nessuno si salva. E vabbè che pensando alle assenze forse qualche alibi ci sarebbe. Ma chi glielo dà, un alibi, ad una Juventus che dopo essere rientrata in partita si fa infilare come una squadra di terza categoria. Sì, perché l’amnesia di Cuadrado, quella che ha portato al rigore del Benfica, si vede raramente anche lì, dove si gioca per divertirsi e basta. Ma almeno si sta in campo con voglia e concentrazione. Quella che il colombiano ha smarrito da tanto tempo.
Benfica-Juventus, ora basta: serve rispetto
Fa quasi tenerezza, Massimiliano Allegri, in panchina. Incapace di dare uno scossone, incapace di dare una svolta definitiva alla propria stagione. C’è riuscito nel momento in cui ha tolto dal campo quelli che sono i senatori, e ha buttato nella mischia quei ragazzini che hanno cambiato il volto nel finale ad una squadra che squadra non era. Uno su tutti quell’Iling Junior, inglese, classe 2003, numero 43 sulla maglia, che con coraggio ha messo due palloni in mezzo che hanno portato a due gol che hanno riacceso nel finale la partita. Che l’hanno cambiata la partita e che hanno dato un senso ai dieci minuti fino al novantesimo. Basta questo? No, non basta questo. Non basta per una squadra che ha una rosa incredibile, sulla carta, e che si ritrova a dover lottare contro il Maccabi Haifa per un posto in Europa League.
Non è Juve questa. E non stiamo qui a fomentarci per i minuti finali. Ma stiamo qui a chiederci perché la Juve non gioca così sempre: con orgoglio, con forza, con voglia, con tutti quei sentimenti che hanno sempre contraddistinto questa squadra. Forse perché chi c’era prima non ci crede più o non ha più la voglia di crederci. E allora, mister, forse è il momento del coraggio totale. Quello che serve per dare un’anima a questa squadra togliendo dal campo quelli che un’anima, forse, non ce l’hanno più. Servono scelte coraggiose. Da vero trascinatore. Servono scelte da Juventus. Che poi come tutti sappiamo vuol dire gioventù. Partiamo dal nome, il resto poi verrà da solo.
Sotto, infine, il tabellino. Senza voti, come detto. Inutili.
JUVENTUS (3-5-2): Szczesny; Danilo, Bonucci (60′ Alex Sandro), Gatti; Cuadrado (60′ Miretti), McKennie, Locatelli, Rabiot, Kostic (70′ Iling); Vlahovic (70′ Soulé), Kean (46′ Milik).